Frontiers in Immunology ha pubblicato i risultati di una ricerca durata 8 anni condotta in otto centri clinici in Italia. 92 pazienti volontari sieropositivi in terapia antiretrovirale (cART) sono stati immunizzati con il vaccino terapeutico italiano Tat contro l’Hiv/Aids messo a punto da Barbara Ensoli, direttore del Centro Ricerca Aids dell’Istituto Superiore di Sanità.
Se si contrae il virus dell’HIV, questo prolifera all’interno dell’organismo insinuandosi all’interno delle cellule immunitarie del corpo umano e attivando un processo biologico che gli permette di replicarsi e distruggere le cellule ospiti. La quantità di particelle virali liberamente circolanti nel sangue (e conseguentemente nei liquidi corporei quali sperma, fluido vaginale e latte materno) è chiamata carica virale o viremia ed è la principale fonte di trasmissione del virus da un individuo all’altro.
I recenti progressi ottenuti grazie ai nuovi farmaci anti-retrovirali hanno permesso di mettere a punto terapie in grado di contrastare la replicazione del virus, di fatto azzerando la carica virale. Secondo i risultati dei recenti studi PARTNER e HTPN 052, una persona sieropositiva in terapia anti-retrovirale, con una viremia stabilmente nulla da almeno sei mesi, ha una probabilità di contagiare i propri partner sessuali pari a zero, indipendentemente dal tipo di rapporto avuto.
Tuttavia, avere una carica virale pari a zero non significa aver eradicato completamente l’infezione. Impossibilitati a replicarsi, i virus rimangono latenti all’interno delle cellule infettate. È a questo punto che interviene il nuovo vaccino terapeutico (che non previene cioè l’infezione, ma è in grado di stimolare il sistema immunitario della persona infetta), capace di ridurre drasticamente – del 90% dopo 8 anni dalla vaccinazione – questo “serbatoio di virus latente”, inattaccabile dalla sola terapia, aprendo nuove prospettive per una cura funzionale dell’HIV, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo la sospensione dei farmaci anti-retrovirali.
È ancora presto per cantare vittoria, serviranno anni di ulteriori studi. I vaccini contro l’Hiv sono allo studio da quasi 35 anni e finora tutte le sperimentazioni non hanno ancora portato a risultati definitivi. La prevenzione, dunque, rimane sempre una delle priorità principali.